Testo di Stefano Zaninelli
A partire dal 2008 l’Italia sta vivendo una seconda ondata migratoria: alcuni analisti l’hanno ribattezzata la Nuova emigrazione, perché ricalca molto da vicino l’ondata degli anni ’70. Ma cos’è cambiato in quasi mezzo secolo? Secondo la sociologa Iside Gjergji quasi nulla: a partire sono prevalentemente i giovani, scoraggiati da disoccupazione, impoverimento e disuguaglianze diffuse.
Di sicuro è evoluto il modo per ricucire lo strappo tra i lembi della famiglia. Grazie alle nuove tecnologie e ai nuovi mezzi di comunicazione è possibile rimanere in contatto.
E tali nuove interazioni iniziano ad assumere i contorni di un rituale, quasi del tutto assorbito nella consuetudine. Padri e madri familiarizzano con tablet, smatrphone, software ed applicazioni di messaggistica istantanea; i figli sfruttano le opportunità digitali per coltivare i rapporti con i genitori. Il ritratto delle nuove famiglie ricucite è il soggetto di (Di)stanze, il progetto del ventiseienne fotografo Max Cavallari. Ideato nel 2015, consiste in “una sorta di ritratto 2.0, che ha il compito di raccontare quel legame separato sì dalla distanza ma mantenuto dalla tecnologia di cui tutti noi oggi disponiamo”.
Le fotografie ritraggono i genitori nelle loro abitazioni, all’interno delle stanze dove sono soliti connettersi con i loro figli – questi ultimi rappresentati su display di Pc e tablet. Diversi i temi che (Di)stanze intende mettere a fuoco: il distacco, l’utilizzo delle nuove tecnologie, la sottile morbosità del legame affettivo e il viaggio.
All’inizio il progetto prevedeva una manciata di foto. L’intenzione di raccontare di più, di scavare nel profondo di un fenomeno sociale ancora oggi sottovalutato, ha spinto Cavallari ad estenderlo, portandolo a intraprendere un viaggio da nord a sud della penisola della durata di un mese.
Since 2008, Italy is experiencing a second wave of migration: some analysts have renamed it the New Emigration, because it follows very closely the wave of the 70s. But what has changed in almost half a century? According to the sociologist Isis Gjergji almost nothing: starting from the young people, discouraged by unemployment, impoverishment and widespread inequalities.
Surely the way to sew the tear between the edges of the family has evolved. Thanks to new technologies and new means of communication it is possible to stay in touch.
And these new interactions begin to assume the contours of a ritual, almost completely absorbed in the custom. Fathers and mothers become familiar with tablets, smartphones, software and instant messaging applications; children take advantage of digital opportunities to cultivate relationships with their parents. The portrait of the new mended families is the subject of (Di)stanze, the project of the 26-year-old photographer Max Cavallari. Conceived in 2015, it consists of "a sort of portrait 2.0, which has the task of telling the story of that bond separated by distance but maintained by the technology that we all have today".
The photographs depict parents in their homes, inside the rooms where they are used to connect with their children - the latter represented on PC displays and tablets. Several themes that (Di)stanze intends to focus on: detachment, the use of new technologies, the subtle morbidity of the emotional bond and travel.
At the beginning the project included a handful of photos. The intention to tell more, to dig into the depths of a social phenomenon that is still underestimated today, pushed Cavallari to extend it, leading him to undertake a month-long journey from north to south of the peninsula.